Spengere una torta con 30 candeline fa uno strano effetto, non sai se guardarti alle spalle o puntare dritto avanti a te, fare il punto su quanto costruito o su quanto rimane ancora da fare. Una cosa di sicuro ci è chiara: è stato un bel vivere. Alcuni momenti della nostra vita insieme sono stati complicati, abbiamo discusso, avuto idee differenti riguardo la nostra comunità, siamo stato oberati dalla stanchezza per tutti gli altri impegni delle nostre vite incasinate. Ma se non ci fosse stata la Casa di Pulcinella nelle nostre esistenze sarebbe stato tutto un po’ più povero e un po’ più triste.
Spengere una torta con 30 candeline fa uno strano effetto, non sai se guardarti alle spalle o puntare dritto avanti a te, fare il punto su quanto costruito o su quanto rimane ancora da fare. Una cosa di sicuro ci è chiara: è stato un bel vivere. Alcuni momenti della nostra vita insieme sono stati complicati, abbiamo discusso, avuto idee differenti riguardo la nostra comunità, siamo stato oberati dalla stanchezza per tutti gli altri impegni delle nostre vite incasinate. Ma se non ci fosse stata la Casa di Pulcinella nelle nostre esistenze sarebbe stato tutto un po’ più povero e un po’ più triste.
Il 18 gennaio 1990 erano in quattro ad iniziare le attività con un piccolissimo nucleo di amici disabili. Si portavano dietro il carisma della Sant’Egidio, fatto di servizio ai poveri e di una fede incarnata nella vita di tutti i giorni. E quell’icona di pulcinella, metafora di tutte le persone “bastonate” dalla vita, che riescono ad andare avanti con l’amicizia e l’affetto di tanti piccoli compagni di vita.
Allora si faceva attività nella parrocchia di San Tommaso Moro e presso le Suore Consolatrici, poco dopo si iniziò qui all’Immacolata, ed in seguito a San Giuseppe Artigiano, San Michele Arcangelo e per molti anni anche a San Martino I Papa e all’Assunzione. Oggi la Casa di Pulcinella è sbarcata anche a San Giovanni Bosco, dove ampie strutture possono accogliere con agio gli amici che vivono tra la Tuscolana e l’Appia. Per loro abbiamo creato una scuola per l’alfabetizzazione continua, laboratori di teatro, di musicoterapia e tante altre attività per dare ai nostri amici la possibilità die esprimersi e di divertirsi. Nel 2008 è nata anche la Casa di Iqbal – dal nome del bambino che immolò la propria vita per combattere la mafia pakistana dei tappeti, che obbliga i bambini a lavorare invece che a studiare – dove poter accogliere, e sostenere nelle attività scolastiche, i figli delle persone immigrate o fragili.
Affiancare, nei loro bisogni, le famiglie dei nostri amici ci ha fatto diventare – fuor di retorica – veramente una grande famiglia, una famiglia che ha vissuto insieme i momenti belli e tristi della vita di ciascuno. Vacanze trascorse insieme a Vitorchiano, Acquasparta, Albano, Bassano Romano, Lucignano, momenti di festa per battesimi, comunioni, matrimoni, ed anche i momenti di lutto, che ci hanno costretto a dire ciao a tanti amici giovani, e meno, con cui abbiamo condiviso un tratto di strada. Deborah, Grace, Aldemaro, Pippo, Ferdinando, Dino, Roberto, Lucilla, Maria Teresa, Marcella (e tanti altri) non sono soltanto dei nomi, ma fratelli e sorelle che ci hanno fatto ridere, arrabbiare, piangere, e che abbiamo fiducia di incontrare di nuovo un giorno.
Nel frattempo continuiamo a rimboccarci le maniche per aiutare i nostri amici e per rendere questo mondo un po’ più fraterno e solidale. Per questo abbiamo creato una comunità di giovani adolescenti che possano proseguire il lavoro dei più grandi (il gruppo SMYle), e per questo continuiamo a sognare una casa famiglia dove ospitare, e magari vivere insieme, ai nostri amici rimasti soli.